Ferula è il nome di una pianta erbacea, del genere delle Ombrellifere, molto diffusa nel Mediterraneo, soprattutto in Puglia e in Sardegna. E’ volgarmente conosciuta come finocchiaccio. Il suo lungo fusto cilindrico con ramificazioni laterali, di consistenza legnosa, può raggiungere anche i tre metri di altezza. Le foglie basali sono minute e cespugliose, simili a quelle del finocchio, ed emano un odore che ricorda un po’ il sedano. Deve piacere molto a una splendida farfalla endemica della Sardegna, il Papilio hospiton, che qui deposita le sua uova per riprodursi. Bella e profumata, ma anche tossica e infestante. E’ odiata da allevatori e pastori, evitata come la peste da ovini, caprini e bovini, che ingerendola vengono presi da convulsioni ed emorragie, a volte anche mortali. Il “mal di ferula”, si dice. Il fungo parassita generato da questa strano vegetale – conosciuto in Sardegna come cardulinu ‘e pezza (fungo di carne) o antunna – è invece mangereccio e molto apprezzato per la sua prelibatezza. Scherzi della natura, che è sempre una natura riparatrice e generosa.
La ferula cresce nei terreni incolti, nei pascoli collinari, ai bordi delle strade e nei fossi. Ama i luoghi asciutti e assolati, preferibilmente in prossimità del mare, e la compagnia degli asfodeli. Cosa ci fa dunque in città? Nelle mie passeggiate nuoresi di Selvatico urbano l’ho vista appostata in diversi luoghi, scambiandola all’inizio per finocchio selvatico. Una di queste ferule communis è diventata specialis, al punto che ho voluto ritrarla in un breve video. Abita qui vicino, ci passo davanti quasi tutti i giorni. E’ incardinata tra il muro basso del marciapiede e quello alto di una casa. Solo ieri hanno iniziato a tagliare le erbe selvatiche che per mesi hanno colonizzato indisturbate l’ampio cortile circostante la casa in questione e quella accanto. Un luogo abitato, vivo, non uno di quei posti abbandonati che piacciono tanto alle ferule.
La ferula Ercolina
La chiamerei Ercolina, questa ferula amica, perchè crescendo ha assunto dimensioni ragguardevoli, robuste, perdendo l’aspetto “finocchiesco” delle origini. E’ diventata una sorta di grande giunco alto e ramificato. Una trasformazione sorprendente, quasi una mutazione, seppure già implicita, a ben guardare, nella forma iniziale. Ora che inizia a seccare non riesce più a stare diritta, s’incurva e s’inchina verso i passanti come se volesse toccarli o salutarli.
Soffia il vento, che s’incanala nella strada prendendo più forza. Ercolina si muove, ondeggia con i suoi fusti e le sue ombrelle giallastre, sembra quasi una presenza aliena con tante teste. Le ombrelle centrali sono più grandi e pesanti di quelle laterali dei rami secondari, che appaiono anche più sfoltite. Sono composte da numerosi peduncoli dalla punte rossastre, che s’infiammano alla luce del sole pomeridiano dando forma a una specie di melograno. La vecchia ferula è giunta ormai verso la fine del suo ciclo biologico stagionale. Piegata in due dal tempo e dal vento, non ha perso del tutto quel suo portamento regale che aveva in primavera, quando si ergeva alta e slanciata, spesso solitaria, sull’orizzonte dei campi.
La ferula e il fuoco
Ercolina è forte, con quell’intrico di braccia nodose e dalla coloritura rossiccia o meglio viola-vinaccia, che disegnano geometrie sghembe in movimento. A seconda di come vengono colpite dalla luce solare si accendono, quasi che stessero per bruciare E del resto ferula e fuoco sembrano intrattenere un rapporto primordiale, mitico. Secondo un’antica leggenda sarda, Sant’Antonio Abate scese all’inferno con un bastone di ferula con il quale portò il fuoco sulla terra. Grande arbusto della calura, delle estati infuocate, dei cieli azzurri sgombri di nuvole. Pare anche che anticamente la ferula venisse invocata durante certi riti per far cessare la siccità. Qualcosa di diabolico: ferula infera.
All’inizio del video si vede un passante che si volta a guardare verso quello che io sto riprendendo con lo smartphone dal lato opposto della strada. Sembra chiedersi: “Cosa c’è di così interessante qui da fotografare?”. C’è soltanto una povera ferula, chiamata Ercolina, venuta ad abitare in città e che ha qualcosa di interessante da raccontare. Non so se solo per quest’anno pandemico o per sempre. A Novembre, quando Ercolina non ci sarà più, andrò a vedere se al suo posto è nato il suo prezioso fungo, il cardolino. Se sì, vorrà dire che la prossima primavera tornerà.