Le erbe del silenzio sono quelle che crescono spontaneamente nei luoghi della città dedicati al culto e alla memoria dei defunti. Non si tratta soltanto dei cimiteri, ma anche delle lapidi poste ai bordi delle strade e, a volte, degli spazi murari riservati alle affissioni funerarie. Come se anche la natura volesse ricordare chi non c’è più, standogli semplicemente accanto.

Non di rado, nel caso di sepolture abbandonate,  il selvatico urbano costituisce l’unica forma di botanica funeraria presente. Quando la pietà umana viene meno, le erbe del silenzio sono comunque lì a ricordare e a consolare. Umili erbe della terra che invitano all’ascolto del silenzio forse più di quanto possa fare un mazzo di crisantemi o di garofani  deposto sulla tomba. Morte e natura, del resto, si mescolano sin dalla notte dei tempi. Il loro rapporto alimenta la memoria individuale e collettiva e rinnova l’infinito ciclo della vita, come mostra simbolicamente un famoso quadro del pittore finlandese Hugo Simberg.

Hugo Simberg, Garden of Death (1896)

Alle erbe del silenzio è dedicato il quinto video di Selvatico urbano, un percorso audio visivo nella flora spontanea in città iniziato qualche mese fa, con l’arrivo della primavera. Il camposanto è il luogo d’incontro per eccellenza tra le vagabonde e i defunti, oltre che tra i vivi e i morti. Qualche volta, a causa delle incurie e smemoratezze dei viventi umani, si assiste a un’invasione vegetale degli spazi cimiteriali. Allora ci si indigna e si protesta perché l’avanzare delle erbacce appare una profanazione sacrilega, un insulto. Come dimostrano diverse esperienze, soprattutto inglesi, le cose possono però andare molto diversamente. Accogliendo nel giusto modo le erbe selvatiche, i cimiteri diventano i luoghi in cui fare esperienza di un nuovo e più profondo rapporto con la natura e con i nostri cari defunti. E quindi con noi stessi.