Giorgio Ferrari Bravo (1935)
Mi chiamo Giorgio Ferrari Bravo, sono nato a Milano il 24 agosto del 1935. I giorni della liberazione, per cui avevo 10 anni, ero a Milano. Dopo l’8 settembre, papà pensava che la guerra fosse finita, eravamo sfollati. Siam tornati a Milano e invece abbiamo continuato sotto tutti i bombardamenti.
La mattina del 25 aprile… Papà lavorava in banca, avevano avuto notizia che la mattina succedeva qualche cosa, per cui m’ha detto “A scuola non si va, si sta a casa, non vi affacciate alle finestre”. Noi abitavamo in via Moretto al 21, che è vicinissimo a piazzale Gorini… Io e mia sorella però, a questa dichiarazione del papà, è chiaro che ti viene la curiosità, per cui appena papà andava dall’altra parte noi ci avvicinavamo alla finestra. Oppure al balcone, ma il balcone, essendo in muratura, aveva solo le due feritoie laterali, per cui con la testa lì guardavamo.
Abbiamo assistito alla sparatoria tra una casa di piazza Guardi e la scuola di Viale Romagna. C’erano asserragliati dei fascisti, c’era stata una sparatoria, per cui papà ci continuava a dire “Stiamo attenti alle pallottole vaganti”. Poi cominciavano a passare per la strada macchine un po’ ambigue. Al primo momento, dall’alto, non riuscivo a capire se erano le macchine dei partigiani o le macchine dei fascisti e dei nazisti, che cercano o di scappare o di mantenere il possesso della piazza.
Con il passare delle ore, la cosa è cambiata. Ho cominciato a vedere scendere in strada delle persone, dei gruppetti, delle famiglie. Poi per esempio nella mia casa il capo fabbricato ha buttato via la divisa ed è scappato con la famiglia, subito. La casa che c’è d’angolo piazzale Gorini e via Aselli, dall’ottavo o nono piano dalle finestre hanno cominciato a buttare giù di tutto e di più. Materassi, coperte, comodini. Dopo ho scoperto che era la casa, l’appartamento di un fascista.
Poi la giornata si è sviluppata sempre stando… Vabbè, poi papà cercava di sentire radio Londra, se c’erano notizie più precise… e altri fatti salienti… no, della casa no, dell’appartamento neanche perchè siamo rimasti chiusi… In strada… dopo sono cominciate a passare delle macchine con delle persone con i fucili. Non erano in divisa, per cui abbiamo cominciato a pensare che fossero i partigiani. Però papà diceva “Non si sa mai, perchè possono aver tolto la divisa, aver messo su abiti normali, e quindi sta attento”. E quindi siamo rimasti lì, io e mia sorella, mia sorella aveva 6 anni, io dieci. E questo è il 25 aprile per cui è stata tutta una giornata così, vissuta in casa, sbirciando dal balcone.
Papà è stato a casa il mercoledì e il giovedì, poi il venerdì è andato al lavoro e il sabato mi sembra che c’era la manifestazione in piazzale Loreto. E mi ricordo che io l’avevo saputo, perché altri compagni un po’ più grandi di me m’avevano detto “Uela, domani c’è piazzale Loreto”, e io “Papà, papà, vengo anch’io” – “No, tu stai a casa, non è spettacolo da bambini” – “Ma dai, papà, quegli altri vanno” – “Ogni genitore risponde dei propri figli”.