Ancora una volta stranezze della toponomastica milanese: Rimembranze Lambrate è chiamato “viale”, ma in realtà è una piazza. Con le case e i negozi tutto intorno, la rotonda nel centro, le panchine, il capolinea del tram 33. E gli alti platani, originariamente piantati in 114 esemplari. Sul loro tronco era affissa, pianta per pianta, una targa in memoria dei caduti della prima guerra mondiale abitanti di Lambrate, che all’epoca faceva Comune a sé. Di quelle placche ricordo, con i nomi dei caduti scritti anche in carattere Braille, ne rimangono oggi ben poche. Rimembranze Lambrate,  quindi e giustamente, anche se la memoria si è nel tempo notevolmente appassita.

Ho visto anche degli zingari felici

Alle undici del mattino la piazza è ancora quasi del tutto deserta, soltanto poca gente di passaggio. Mi viene voglia di sbaraccare videocamera  e di andarmene via da questo posto un po’ tetro senza filmare nient’altro, platani a parte.  E il vecchio 33, che sferraglia tutto intorno, animando e colorando la piazza. 

All’improvviso vedo arrivare a passo svelto due donne rom, con un bambino e le loro vesti colorate, e decido di rimanere. Poco dopo arrivano altri nomadi, che in zona Lambrate non mancano. Li filmo stando un po’ distante, defilato. La piazza è ora più viva, più vociante. Una delle donne esibisce una concitata performance oratoria e gestuale. 

Se qui a Rimembranze Lambrate non ci fossero i rom ci sarebbero più italiani seduti sulle panchine, più bambini “nostri”  a correre e giocare? Una presenza esclude in qualche modo l’altra? O non ci sarebbe nessuno? Non saprei. E se invece, in questo strano luogo dalla memoria sospesa, si giocasse un gioco a sommatoria positiva, con più italiani e più rom, insieme? Non è questa la piazza che vorremmo vedere e vivere?  La piazza in cui poter dire e cantare, come nella bellissima canzone di Claudio Lolli, “Ho visto anche degli zingari felici”. E con loro anche degli italiani.