Diverse delle storie nuoresi raccolte nel mio libro A viva voce passano da Istiritta, il quartiere di case popolari nato con l’espansione urbana di Nuoro dei primi anni  ’50 del Novecento.  Case per famiglie spesso numerose, costruite con decoro, la campagna a due passi, le voci squillanti dei bambini che giocavano nei grandi cortili.

In quel periodo, la casa era ancora il centro dello spazio rotondo dell’esistenza, del fluire delle relazioni tra l’interno e l’esterno, della prossimità. Era lo spazio protetto dell’intimità aperto alla dimensione comunitaria del vicinato. E poteva anche essere, all’occorrenza, la casa della solidarietà, il luogo di accoglienza di persone in stato di bisogno o necessitanti di un rifugio provvisorio. E’ il caso quest’ultimo della casa abitata da Luciana Lapia, il cui racconto accompagna la visione delle case di Istiritta di oggi, che non sono poi molto diverse da quelle di ieri.

La casa ospitale

Luciana Lapia, brava erborista di Nuoro, abitava da bambina, e ancora abita, in una bella casa popolare posta nella “centrale” via Piemonte di Istiritta. In quella casa viveva una famiglia di nove componenti, che s’ingrossava ulteriormente quando venivano ospitate, a gratis, persone della provincia che si recavano a Nuoro per sbrigare delle pratiche presso l’ufficio di assistenza degli invalidi del lavoro. L’ufficio era stato fondato dal padre di Luciana, egli stesso invalido, uomo di grande generosità. In casa ci si stringeva un po’ per far posto ai “clienti” del padre, mentre la mamma di Luciana cucinava qualche porzione  di minestra in più. Con alcune delle famiglie ospitate si sono creati rapporti di amicizia che durano tutt’ora.

Istiritta

Le case di Istiritta sono delle case dalle forme semplici, dignitose, pulite. Esposte al sole che nasce e tramonta, non sono più alte di quattro piani. Si raccolgono in piccoli isolati, affacciandosi l’una sull’altra e sugli ampi cortili condivisi. I cortili sono oggi silenziosi, non più gli spazi d’infanzie giocose, ma di macchine mute parcheggiate.  Anche la vita sulle strade è discreta, passano più auto che pedoni, un po’ come nel resto della città. La campana della chiesa batte inesorabilmente ogni mezz’ora.

I cortili, insieme alle pendenze del quartiere, rendono mossi gli spazi tra casa e casa, isolato e isolato, ciascuno dei quali sembra comunicare una storia peculiare all’interno dello spazio largo del “villaggio”.  I colori delle facciate di alcune case stonano, sono un colpo nell’occhio, con i loro blu metafisici o gialli canarino. Queste dissonanze cromatiche sono del resto piuttosto diffuse a Nuoro, città sprovvista da sempre di un “piano colore”.

Il quartiere di Istiritta era il sogno abitativo di chi viveva nelle vecchie, fredde e scomode case del centro storico. E rappresenta anche, probabilmente,  la forma urbana migliore assunta dalla Nuoro nuova che si stava sviluppando in quegli anni. La crescita  caotica successiva non avrebbe più conosciuto, che io sappia, insediamenti residenziali caratterizzati da una logica comunitaria e manufatti di edilizia popolare di buona qualità. Con le sue case solide e ben ordinate, i suoi cortili distesi come delle aie,  Istiritta comunica un senso di finitezza e di luogo. Non un quartiere di “belle case”, ma un bel quartiere di case.