I Giardinetti è il nome con cui tutti, e proprio tutti, a Nuoro, chiamano piazza Vittorio Emanuele, posta nel centro della città. Già l’uso diffuso di un “toponimo” di tipo diminutivo indica il rapporto di affezione che da sempre i nuoresi intrattengono con questo luogo. Specie da ragazzi, quando andare ai Giardinetti significava entrare in uno spazio di libertà, di avventura, di desiderio, lontano dalle rigide costrizioni familiari. Voleva dire diventare grandi, affacciarsi sulla vita, liberare energie, e magari innamorarsi.
Gigi Murru ricorda nell’intervista come i “piccoli”, per poter prendere posto ai Giardinetti, fossero costretti dai “grandi” a trascorrere un periodo più o meno lungo di “quarantena” nei vicoli adiacenti alla piazza. L’ingresso ai Giardinetti era un po’ un rito di iniziazione, che esaltava il valore simbolico della piazza come comunità di luogo.
Questa comunità giovanile – che frequentava i Giardinetti a partire da una certa ora del pomeriggio o della sera, prendendo il posto di famiglie e bambini – si divideva al suo interno in gruppi precisi. C’erano i cremini, i paninari, quelli che provenivano dai paesi, ciascuno con il proprio e ben distinto angolo di piazza. E’ facile immaginare il vociare e il gesticolare quanto meno coloriti che potevano scaturire da tale composita coreografia.
Questi erano i Giardinetti di Nuoro sino alla metà degli anni ’80 del secolo scorso. Poi è intervenuta una frattura , che ne ha modificato l’uso.
Il rifacimento dei Giardinetti: una cesura antropologica
Nel 1984 i Giardinetti sono interessati da un ampio progetto di rifacimento e arredo. Per quattro anni, un tempo decisamene lungo, rimangono transennati e chiusi al pubblico. Ma quando riaprono non sono più quelli di prima. La piazza è diventata una fredda spianata geometrica lastricata di pietra grigia, una piazza “alla Ceausescu”, come dice Giancarlo Porcu nell’intervista. Una piazza senz’anima. E vuota, perchè la gente non ritorna più a frequentarla come accadeva prima dell’inizio dei lavori.
Questa è la “cesura antropologica” di cui parla Giancarlo Porcu. Un esempio di come degli interventi progettati in modo puramente edile e amministrativo possano condurre all’impoverimento della fruizione di un luogo pubblico.
La frattura tra i vecchi e i nuovi Giardinetti è andata avanti per un po’ di anni, ma ora sembra allentarsi, ricomporsi, almeno in parte, notandosi delle tendenze al ripopolamento. Nel frattempo sono nati altri modi di stare insieme e di vivere lo spazio della città, altri “giardinetti”. Ma i nuoresi, giovani o anziani che siano, continuano ad avere bisogno dei loro Giardinetti veri.