Case abbandonate, case che crollano appena piove un pò più del solito e tira un forte vento. Come è successo a Nuoro intorno alle undici di notte di mercoledì 10 febbraio, in via Farina, nello storico quartiere di San Pietro, dopo giorni e giorni di pioggia, quando cadevano case in altri Comuni della Sardegna, dell’Italia, del mondo. Si stima che soltanto nel nostro paese vi siano 7 milioni di case vuote, di cui oltre due milioni abbandonate. Nel frattempo, il consumo del suolo procede al ritmo divorante di due metri quadrati al secondo. Viviamo distratti tra un passato che crolla e un futuro che sembra sorgere dal nulla.
Come tutte le case abbandonate, anche quella di via Farina, sorta a fine ‘800, risulta disabitata da tempo immemorabile. Una rovina quasi senza un volto, con i proprietari che in gran parte non vivono più a Nuoro da decenni. Un rovina generata non tanto dal passare del tempo, quando dall’incuria umana. Forse l’abbandono si spiega anche con i conflitti sorti tra gli eredi in ordine alla gestione della casa di famiglia. I mancati accordi e le tensioni tra parenti sono non raramente all’origine del decadimento fisico del bene ereditato. In questo campo ci sono liti che passano da generazione a generazione, da avvocato ad avvocato. Guerre senza vincitori e vinti, ma con una vittima innocente: quella bella casa dei nonni, luogo di ricordi di un’età felice.
Dall’abbandono al vuoto
Un boato nella notte e una grande paura: per gli abitanti di via Farina nulla di più, per fortuna, come racconta la pagina nuorese del quotidiano La Nuova Sardegna. Ma non sempre fila così liscio. Da tempo i residenti denunciavano inutilmente la pericolosità di quell’edificio cadente, che l’anno prima aveva già perso il tetto franato all’interno. Ora, come spinta dalle forti raffiche del vento, la casa è rovinata all’esterno, sul vicolo, bloccandone il passaggio per qualche giorno.
Lo sguardo si solleva preoccupato verso le finestre mute di altre case disabitate del quartiere, che potrebbero crollare da un momento all’altro. La città vecchia è punteggiata di abbandoni e ruderi, che qualcuno vende e nessuno compra. Ci sarebbe molto da fare e da curare, se solo sapessimo ascoltare meglio il silenzio di quei muri incurvati dalla storia. Non è solo una questione di decoro e di civiltà urbanistica, ma anche di sicurezza e di tutela della vita degli abitanti.
La casa di via Farina, dopo il crollo, non è più rovina del tempo e dell’incuria, neppure inerte cumulo di macere. Rimane soltanto un vuoto, come una storia secolare scomparsa in un’istante. Finché era casa abbandonata era ancora qualcosa, un legame, una testimonianza, una memoria. Un’immagine. Nessuno la abitava, ma “parlava”: con le sue pietre, gli infissi rotti, gli squarci di cielo, una poesia lasciata da qualcuno su un pezzo di carta, le erbe selvatiche. Diceva di presenze lontane nel tempo e nello spazio, conosciute e sconosciute, di vivi e di morti, come in un racconto di fantasmi.