Jacques Tati è uno dei grandi registi della storia del cinema, anche se oggi appare forse un po’ troppo dimenticato. Più di altri ha posto al centro dei suoi film i rapporti che le persone intrattengono con gli oggetti e gli spazi della vita quotidiana. I suoi maestri dichiarati sono Charlie Chaplin e Buster Keaton, sublimi narratori del mondo rovesciato degli oggetti in rivolta. Monsieur Hulot è il corrispondente moderno e labirintico di Charlot. Sono entrambi corpi vagabondi che si muovono spaesati e maldestri tra le numerose “trappole” della vita con i suoi diversi apparati tecnici.

Monsieur Hulot è la sua lunga pipa diritta, il suo capellino, il suo ombrello, i suoi pantaloni lunghi sempre troppo corti per nascondere le calze dei piedi. Un’icona beffarda, una silhouette dinoccolata e solitaria che ispira tenerezza. Il personaggio Hulot è una sorta di oggetto vivente gettato nel mondo caotico  degli oggetti e di quelli tecnologici in particolare.  Egli non odia questi oggetti, anzi li ama,  facendoli rivivere in modo bizzarro e fantastico come fa un bambino con i suoi giocattoli. In questa animazione dagli effetti comici, gli oggetti perdono le loro funzioni, ponendo in crisi l’ordine costituito della società dei consumi.  Non più solo feticci, mere presenze mute e strumentali, ma cose vere, che sospirano,  emettono suoni, pongono domande, ridefinendo relazioni e identità.

Monsieur Hulot in un’illustrazione di Nelson Gonçalves

Monsieur Hulot et les objets

Il cinema di Jacques Tati prende forma da un’osservazione attenta e partecipe della realtà. Nulla sfugge al suo occhio acuto di antropologo urbano: gli atteggiamenti, i gesti, le espressioni del viso delle persone, gli ambienti in cui queste interagiscono. Altrettanto proteso e analitico è il suo orecchio. Suoni e rumori giocano un ruolo fondamentale in tutti i suoi film, molto di più dei dialoghi, ridotti spesso a incomprensibili borbottii. Con il suo stile frammentario e anti narrativo, Tati ci invita o osservare il mondo come se lo vedessimo per la prima volta. Lasciarsi “incantare” dalle cose è la condizione per vedere al di là di ciò che appare, cogliendo le tante insensatezze di una realtà in cui gli oggetti hanno preso il sopravvento sugli essere umani.

Il video è ottenuto montando diversi frammenti tratti dai seguenti film di Jacques Tati: Mon Oncle (1958) – Playtime (1967) – Trafic (1971)