Nuoro, 26.12.2022. Esco con mia moglie nel primo pomeriggio per una passeggiata nei dintorni, dobbiamo smaltire le abbondanti libagioni natalizie. Siamo a Nuoro, zona Piazza Veneto, ai margini dell’Anfiteatro Fabrizio De André, chiuso e abbandonato da oltre un decennio, ma per il quale esiste un progetto di recupero approvato due anni fa dal Comune. Un luogo che da lungo tempo sogna e attende un futuro diverso, ossia il ritorno al suo felice passato di cultura, canti e musiche.
Dopo cinquanta metri la via Giovanni Pintori finisce e diventa una strada senza nome, forse si tratta di un ramo della Funtana ‘e Littu, la lunga strada vicinale che serpeggia nel sud-est di Nuoro tra città e campagna. Una transenna, evidentemente di disturbo al passaggio veicolare, è stata brutalmente rimossa dal selciato e scaraventata contro il guardrail.
La stradina, messa piuttosto male, sale costeggiando a destra il colle di Cuccullìo, sulla cui cima sorge il Convento delle Carmelitane Scalze, mentre a sinistra dà sulla valle sottostante. Piuttosto chiuso e ombroso nella prima parte del cammino, il paesaggio si apre poi nella calda spaziosità del pianoro di Noruluve invaso dalla luce pomeridiana del sole. Qui l’orizzonte è ampio, lo sguardo corre lungo la catena del Corrasi, si distende nella valle di Lanaitto, con Oliena davanti, Dorgali in fondo, fino a perdersi nella dolcezza di un mare invisibile. Una meraviglia.
Ma ci sono loro, le discariche, che rovinano tutto, la vista, l’umore, lo stomaco. I rifiuti feriscono e umiliano non solo il posto in cui giacciono, ma l’intero contesto. Sono diabolici, impertinenti e testardi, sottraggono senso e bellezza ai luoghi, al mondo, alla vita. Lo sa benissimo anche Roma, la capitale.
Una è proprio qui, nella piana di Noruluve, dietro le mie spalle, mentre osservo un gregge di pecore in lontananza che corrono scampanellando verso l’ovile. E’ una discarica lineare di una trentina di metri, un vero e proprio “sversamento” nascosto da un lungo muretto, che sembra quasi fatto apposta per celarlo alla vista. Semplicemente vergognoso: rabbia, smarrimento, impotenza.
Le altre due discariche sono più in basso, a destra scendendo verso Nuoro, sparse tra le vite vegetali appena fuori dalla sede stradale. In una di queste c’è anche, per cosi dire, la “mano” del Comune stesso. I rifiuti sono infatti “felicemente” ospitati da una voragine creatasi verso il bordo della strada franata diversi anni fa a seguito di piogge alluvionali. Una voragine subito transennata dalla polizia locale di Nuoro e mai riparata, divenuta nel tempo alcova per immondizie varie. E anche qui qualcuno a un certo punto ha tolto le transenne, una è finita contro il guardrail, l’altra sul lato opposto della strada, Così non disturbano, mentre la discarica no, va benissimo.
Storie di anni e anni. Storie di nefandezze, assuefazioni e inadempienze. Immagini permanenti di ordinaria follia.
Ma la povera stradina è stanca, ha una dignità e una storia da difendere, non vuole più essere la “strada della vergogna”. Saprebbe raccontare molte cose di Nuoro, è parte di una memoria che non può essere buttata alle ortiche. Vorrebbe diventare un cammino, un percorso valorizzato e vissuto in una natura non più offesa dai rifiuti del vulgus hominum, ma semplicemente rispettata. Ha tanto da offrire ai passi e agli sguardi innamorati dei nuoresi e non solo. La stradina chiede che qualcuno si accorga sul serio di lei e che si faccia finalmente qualcosa: per le sue buche, per la natura che la circonda, per tutti noi. Un gesto di normale civiltà, di buon senso. Venite, la Bellezza è qui, direbbe contenta la stradina.
Non mi rimane altro che augurare un Felice Anno Nuovo a tutti, specie alla nostra cara stradina, che ne ha tanto bisogno!