“Il giorno del giudizio” è il titolo del celebre romanzo di Salvatore Satta, “uno dei capolavori della solitudine nella letteratura moderna” (George Steiner). Opera malinconica e visionaria, a tratti allucinatoria, ambientata in una Nuoro a cavallo tra fine Ottocento e i primi decenni del Novecento. Lo chiamavano già “l’Atene della Sardegna” quel paese di pastori e contadini isolato tra le montagne, ma per Salvatore Satta era soltanto un “nido di corvi”. Un paese di poveri e prinzipales, di analfabeti, scrittori, poeti e artisti, che “non ha motivo di esistere”.
In una frase spietata che il protagonista Don Sebastiano rivolge alla moglie Donna Vincenza si può forse racchiudere il senso di fondo del romanzo: “Tu stai al mondo soltanto perché c’è posto”. Un senso di inutilità, di vuoto, di morte, che aleggia attorno alle vite dei tanti e indimenticabili “personaggi da tragedia” che popolano il racconto.
“Il giorno del giudizio” non è un romanzo soltanto di persone, ma anche dei luoghi in cui queste persone si muovono, vivono e muoiono. “Sono stato, di nascosto, a visitare il cimitero di Nuoro. […] Sono sceso a Montelongu, là dove Nuoro allora finiva e cominciava, all’orlo di San Pietro, e mi sono avviato per le piccole strade della mia lontanissima infanzia”.
Romanzo di luoghi
Il cimitero è il luogo della memoria, da lì partono i ricordi di un Salvatore Satta ormai anziano e prossimo alla fine. Il suo sguardo inquieto e rammemorante si sofferma su una lunga serie di luoghi, che si susseguono come in una sorta di “via crucis”. Le “stazioni” di questo “viaggio” dello scrittore nella sua città natale – da cui un giorno lontano fuggì – non fanno da semplice sfondo alle vicende di notabili e maestri, beoni e perditempo, preti e poveracci, mogli e prostitute. Le vite degli individui sono le vite stesse dei luoghi, indissolubilmente intrecciate, come fatte nello stesso impasto, nella stessa materia. Ciascuno è la Nuoro che abita: la sua casa, il caffè Tettamanzi, il corso, la cattedrale, il convento, la tanca, il cimitero. E’ un abitare la solitudine ed esserne abitati.
Colpisce la precisione con la quale Salvatore Satta descrivi i luoghi de “Il giorno del giudizio”, rendendoli in questo modo protagonisti. E’un’osservazione a distanza, o mediata dal ricordo, e nello stesso tempo partecipata, da antropologo, A volte si rivolge anche agli oggetti, come ad esempio il carro a buoi descritto con grande maestria nella parte iniziale del romanzo. Uno sguardo che si muove nel tempo e non solo nello spazio, nella caducità del cose e dell’esistere.
“Il giorno del giudizio” è, già di suo, un itinerario, una mappa, A me è rimasto soltanto il compito di tradurla in una “story map” multimediale basata sulle citazioni riprese dal romanzo e già presenti nella Mappa Letteraria Nuoro di cui sono curatore.
Buona passeggiata.