Giorni di Liberazione#8 – Giuseppe Rossi (1938).

La fine della guerra io mi ricordo che ero in cortile, a giocare coi bambini e tutti “E’ finita la guerra! E’ finita la guerra!” e tutta la gente fuori, con le bandiere… Allora, vi racconto una cosa che è stata uno spasso. Mia mamma aveva anche lei la bandiera. Visto e considerato che tutti erano felici e contenti e mettevano fuori la bandiera, ha messo fuori anche lei la bandiera. Solo che la bandiera aveva nel mezzo lo stemma sabaudo. Caspita, arriva – perchè nel cortile c’è sempre il partigiano, l’eroe del cortile, che poi a parte il fatto che abbiamo saputo che s’è sparato lui in un piede per avere la pensione e gli han dato persino la medaglia, vabbè, comunque, questi erano i fattacci di allora… E arriva questo partigiano e dice “Ma come mai hai messo fuori la bandiera con lo stemma sabaudo? Ma vuoi che ti mettiamo al muro?”. E allora alla fin fine mia mamma, pur tenendo fuori la bandiera, aveva cucito sullo stemma sabaudo una specie di lenzuolo bianco in modo che non si vedesse lo stemma. Però la bandiera c’era e ci doveva essere.

Piazza Falterona

Tutti noi bambini eravamo contenti. Ricordo però dei momenti brutti, diciamo brutti nel senso di dire che la gente in quei tre giorni si vendicava di tutto il mal torto che aveva avuto. Conoscevo, in piazza Falterona all’uno, un salumiere che suo figlio era stato torturato e mandato in campo di concentramento. E in questi giorni quest’uomo, il salumiere, con un coltellaccio da salumeria grossissimo rincorreva su per la scala quest’uomo. Alla fin fine l’hanno preso, l’hanno portato giù, nel cortile, l’hanno fatto vedere a tutti, poi è sparito e poi s’è saputo che l’hanno ammazzato. Era un fascista, era un fascistone che comandava la zona.

All’Isotta Fraschini lì c’era una murela – che adesso non c’è più, c’è una casa al suo posto – lì così hanno fucilato tanta gente. Tanta gente fascista. Perchè questa gente qui cosa faceva? Per farsi fare bello dal federale o da quello che è mandava in Germania tanta gente. Ma la gente non dimenticava, capirai, come fai a dimenticare? “Te me mandavet in camp de cuncentrament e mi ades te fo fa la bela vita, e no eh”.

25 Aprile

Il 25 Aprile… penso che come tutti eravamo attaccati alla radio. La radio una volta era la cosa principale di una famiglia. Non c’era il telefono, non c’erano tante cose che oggi ci sono… L’abbiamo saputo per radio. Poi c’era anche il passaparola. E poi la gente, la gente… era nell’aria, si sentiva, non c’erano più i bombardamenti.

Abbiamo preso, non so se abbiamo preso il tram, ma tutta la gente andava verso piazza del Duomo. E lì, mi ricordo che sono passate le colonne, c’erano delle colonne proprio enormi. Prima sono passati i partigiani, dei camion con su i partigiani, belli, con la barba, c’erano quelli con la barba, c’erano quelli con il cappello da alpino, e con la fascia al braccio. Tutti felici e contenti. Le donne che poi baciavano questa gente, che si sporgevano dal camion. E poi sono arrivati gli americani. E poi mi pare, se non sbaglio, sono arrivati anche gli australiani. Dopo gli australiani sono arrivati le truppe di colore, i negher, si chiamavano i negher. Le donne avevano una paura enorme di queste persone. Io ero bambino, però c’era la voce che avrebbero, come dire, approfittato delle donne, ecco, poi col tempo sono riuscito a capire che cosa… Era una colonna infinita, tutti in festa… Mi ricordo che era arrivato il cardinale Shuster, mi pare, a benedire tutte queste cose qui e poi avranno fatto qualche discorso.

Andem al Peck!

Saremo rimasti lì un paio d’ore, poi la gente sfolla, le cose finiscono, i camion vanno via e io faccio a mia madre “Guarda, l’è mesdì, io ho una fame de la madona chi chinsì”. E allora mia mamma fa “Duve andem, mi chi danè ghe no minga”. E fa “Andem al Peck, andem al Peck!”. Sì, perchè allora era aperto il Peck, c’erano quelli che avevano i soldi, i sciuri in semper esisti . Siamo andati al Peck, e capirà, al Peck ci son tante belle cose, c’erano salami… il Peck è sempre stato il Peck, anche in tempo di guerra. Però la mia mamma ha detto “Guarda, mi gho chi tri napula a pich, l’unica roba che podi cumprat a l’è un cetriolo sotto aceto”. E l’ha ma cumpra un cetriolo sotto aceto… Ti, cun la fam de la madona e lo stomaco vuoto, tu mangiati un bel sotto aceto, vedrai che mal di stomaco che ti viene. Ecco, questa era la nostra vita.

 

Il piccolo Giovanni Rossi con la madre davanti alla casa di piazza Monte Falterona.

Giorni di Liberazione#8 – Giuseppe Rossi fa parte dell’archivio dei ricordi del 25 Aprile di Fareluogo