Arnalda Sangregorio (1924)
Quello che mi ricordo è quello: la sera, là fora, tutti, e poi i balli che ballavamo nel cortile. Mi ricordo che mio papà, il giorno dopo, o due giorni dopo, i hà ciapà su da un fascista. Era la sera tardi e lui non arrivava mai e c’erano giù dei ragazzi, in cortile, lì al cancello. Allora vado giù, gli dico: “Ma non avete visto Sangregorio?”. E in lontananza si sente “Ahh, ahh…”, allora sti ragazzi corrono là ed era per terra perchè lui cantava Bandiera rossa e quello là lo ha bastonato.
Le radio non ne avevamo molte, ma quelle che c’erano eran a tutto volume e tutti fora là sul planin a sentii. Perchè io abitavo in una cooperativa che era rossa, era stato il Togliatti a inaugurarla. Eran cinque palazzi di quattro piani, c’era una bella compagnia. Eran case di ringhiera, c’erano sei famiglie per ogni piano; io la rimpiango la ringhiera. Eravamo tutti fuori poi il giorno dopo si ballava…
E poi c’erano i morti, eh. Certi fascisti che stavano lì li han trovati nei campi, qui fuori, morti. Io che ho impressa nella memoria è quella roba lì: tutti fuori sul ballatoio, ste radio che andavano a viva voce e poi c’era anche qualche mamma che piangeva perchè il figlio el vegneva a cà pù, che era andato su di leva e…
Le dico anche che mio papà e mio zio erano tutti e due comunisti, han partecipato non personalmente ma con dei soldi. Il mio papà aveva in un baule la rivoltella che poi mia mamma un giorno l’ha presa, è andata nell’orto a sotterrarla perchè diseven che veniven i tedeschi in di cà… Allora, due fratelli erano comunisti e un fratello un fascista, era sempre in giro con la camicia nera. Io l’ho appena saputa sta storia che era sempre in giro in camicia nera e non se la voleva togliere.
Io andavo a lavorare a Vittuone, alla Borletti, ciapavi el “gamba de legn”. E c’era sempre su el fascistel. Mi ricordo che avevo un’amica, una collega, che la gh’aveva semper fam. Siccome mio papà non fumava dava via la tessera delle sigarette e gli davan la tessera del pan. E alura mi ghe purtavi un tuchelin de pan e le cume l’arivava la se metteva sul treno: “Gò fam!”. E allora mi ghe davi el tuchelin ma i fascisti mel purtaven via.