L ‘Elymeto quest’estate 2016 mi sembra davvero un giardino popolato di piante cresciute faticosamente sulla sabbia non lontano dalla riva del mare. Le vedo sempre negli stessi luoghi marini della Sardegna (tra Orosei e Capo Comino) che frequento da 30 anni, ma mai avevo riservato loro un’attenzione particolare. Poi ho letto un bel libro, Quel che una pianta sa, che parla della vita sensibile del mondo vegetale. Non avrei mai detto che una lattuga “sa”, “vede” e “sente”. Ho iniziato allora a guardarmi intorno e ad abbassare lo sguardo, a vedere in un altro modo erbe, fiori selvatici, alberi e arbusti.
Per me guardare significa per lo più fotografare, girare video, costruire piccole storie attraverso le immagini. Piccole come le minute piante arbustive o erbacee dell’Elymeto, che vivono per lo più nella parte alta o interna delle spiagge, spingendosi a volte sulle dune. Tendono a fare gruppo, come per tenersi compagnia e aiutarsi contro le insidie dell’ambiente. Se non ci fossero questi gigli e ravastrelli, queste gramigne, santoline e scalcatreppole, la spiaggia semplicemente non esisterebbe. Sono i presidi ecologici dei litorali sabbiosi, che sono spesso minacciati dal degrado e dall’incuria.
E’ un mondo vegetale appartato, umile, arido in estate, che nessuno si ferma a guardare, considerandolo erbaccia secca o poco più. La vita chiassosa e disturbante della folla dei bagnanti è infinitamente lontana dalla solitudine resistente delle piantine, dei fiori, delle siepi dell’Elymeto. Ed è proprio questa alterità silenziosa vivente ai bordi del rumore, e che sembra quasi parlare con il mare, che in realtà forse teme, ad avermi affascinato.