Il muro degli studenti nuoresi è il muro dell’autostazione di viale Sardegna di  Nuoro. È un muro in cemento piuttosto lungo che separa il piazzale con gli stalli di fermata dei pullman dai capannoni abbandonati un tempo adibiti a officine. È sorto negli anni ’90, quando la vecchia e mitica autostazione, situata in centro città, venne chiusa per essere spostata nell’attuale e più periferica posizione.

Sono quasi le due del pomeriggio, gli studenti pendolari delle scuole superiori giungono a passo lesto alla stazione, da soli o in piccoli gruppi. Si assembrano vocianti schierandosi lungo il muro. La sala d’attesa, che era dotata di un bar interno, è chiusa da diversi anni e non può più accoglierli. Alcuni montano sulle panchine di ferro poste sul marciapiede che costeggia la parete. Tutti con lo smartphone in mano, lo zaino sulle spalle, le scarpe di gomma. Se ne stanno sotto una pensilina mezzo sgangherata che li ripara dal sole o dalla pioggia, aspettando i pullman blu dell’Arst che li riportano ai loro paesi di provenienza.

L’intera superficie del muro-parete che sta alle loro spalle è ricoperta da  una moltitudine di graffiti impressi con pennarelli e vernici spray. È come un’enorme tela sulla quale intere generazioni di giovani studenti fuori sede hanno lasciato tracce del loro passaggio, marcando uno spazio pubblico con i propri nomi, scritte, disegni. 

Il muro degli studenti pendolari nuoresi diventa così lo spazio comunitario di una messa in scena del sé alimentata dal bisogno di comunicare e di esprimersi. Una sorta di libro collettivo, di diario pubblico, continuamente cangiante, tra aggiunte e cancellazioni, immagini vecchie e nuove, che tutti possono leggere e guardare. Frammenti di storie, di relazioni, di voglie, che si depositano, s’impastano, svaniscono. “PROHARIDADE”, per carità, c’è scritto in sardo.  “DISTANTI DAL COVID E STRETTI A GESÙ”. Poi arriva finalmente la corriera ed è lotta a spintoni per accaparrarsi i posti preferiti.

Il muro dell’amore

I segni lasciati dagli studenti sul “loro” muro non hanno nessuna finalità estetica di abbellimento e raramente lanciano messaggi di natura politica e di protesta. Quasi del tutto assenti le firme tag. Relativamente poche, considerata l’ampiezza della superficie a disposizione, le figure stilizzate riconoscibili: qualche animale, qualche volto fumettistico, diversi falli enormi. Cuoricini volanti, scarabocchi. Poco o nulla a che vedere con il writing tipo crew e tanto meno con la street art. Il muro della stazione, insomma, non dà spettacolo, ma in compenso parla molto, privilegiando le espressioni dell’intimità e del vivere quotidiano.

Prevalgono infatti, e di gran lunga, i “graphein”, le scritture spontanee e immediate, dettate da una qualche urgenza improvvisa che si traduce nel gesto automatico dello scrivere. Fosse solo per dire “CIAO!”.  Il muro è un magnete che “attira la scrittura” (Roland Barthes).

Sono spesso calligrafie minute, che a tratti si addensano e si assiepano come i trifogli in un prato. A volte sembrano tatuaggi incisi sul corpo-muro. Sono studenti, maschi e femmine, che sembrano scrivere ad altri studenti, identità che cercano altre identità. Il muro degli studenti è un po’ come un grande fermo posta, anche se non necessariamente di una posta rivolta a un destinatario preciso. La cosa più importante è dire: “Io-sono-qui-ora”, su questo schermo,  scrivendo magari soltanto il proprio nome con l’anno di nascita. “MICHELE MARIAGRAZIA ARIANNA SONO STATI QUA”, si legge.

I messaggi amorosi occupano un posto preponderante. “Ti amo”, “Ti voglio bene” scrivono in tanti: semplicemente così, senz’altro aggiungere, da veri romantici. Molti anche gli apprezzamenti “Sei bona/bono”,  come all’inizio di un corteggiamento.  Non sempre appare il nome del lui o del lei amato o del lui e del lei amante, come se si trattasse di innamoramenti segreti o vissuti a distanza.  Un modo forse per dire “Ti penso amore mio” o semplicemente di dichiararsi sul muro perché manca il coraggio di farlo di persona.  

È il tempo febbrile e difficile dei primi amori incerti, con gli ormoni a mille, la ricerca del piacere  che irrompe nella vita, scompaginando un’identità sospesa tra adolescenza ed età adulta. Non mancano ovviamente le espressioni a contenuto sessuale esplicito: “FATTI IL BIDET CHE TI PORTO AL CINEMA”. Qualcuno è ancora più diretto e sconcio: “TI VOGLIO TROMBARE”.  E c’è anche chi offre il proprio corpo d’amore, un po’ come nei cessi delle stazioni ferroviarie, ma con un’aura decisamente meno clandestina e più sfacciata. 

Il muro dell’amore è uno spazio libero, ognuno può scrivere e disegnare quello che vuole, ma anche cancellare quello che non gli garba scritto da altri. Il muro aiuta, conosce e assorbe la forza inquieta e palpitante di quei messaggi, ne ha accolti a migliaia da quando esiste. E’ intriso della loro energia che conserva nelle fibre del duro cemento come dentro uno scrigno. 

Il muro dei paesi

Osservando e fotografando il muro colpisce la presenza ricorrente di liste più o meno lunghe di nomi scritti l’uno accanto all’altro: in orizzontale o in verticale, per diritto o inclinate. È la dichiarazione di appartenenza a un gruppo, compagni di scuola e di viaggio provenienti forse dallo stesso paese.  A quest’età nel gruppo si vive, si ama, si litiga, si condividono gusti, si cresce. Non di rado il gruppo, o chi per lui, comunica ufficialmente, e con un certo orgoglio, che il tal giorno è in “ferie”, cioè marina per scelta la scuola, ed è questo uno dei pochi riferimenti alla vita scolastica.

Non mancano altri elenchi, come ad esempio quello, piuttosto lungo,  di cantanti  il cui nome è Tony: Tony Effe, Tony Lo Svelto, Tony Balboa, Tony El Magico, Tony Il Fantino, Tony El Gordo… che imperversano magari su Tik Tok. Diverse poi le comunicazioni di servizio: “35.18.13.14.17  PER DROGA”. 

Ma l’aspetto forse più interessante è la mappa dei luoghi. 

Un po’ su tutto il muro, gli studenti pendolari hanno scritto i nomi dei paesi dove vivono e da cui ogni mattino partono per raggiungere le scuole superiori di Nuoro e a cui fanno ritorno nel primo pomeriggio. Dorgali, Fonni, Mamoiada, Oliena, Ollolai, Orgosolo, Oniferi, Orani, Orotelli, Ottana, e altri, disegnano una geografia emozionale e identitaria delle appartenenze territoriali.

“Ollolai regna”, “Oniferi regna”, “Oliena regna”, scrivono gli studenti. Ogni paese è unico, diverso dagli altri, è il paese più bello del mondo. Il mio paese “regnante” è qui, abita il muro insieme a me e guai a chi si azzarda a diffamarlo. Nessuna traccia invece di Nuoro, dove si trova il muro, che è in realtà il muro dei paesi del circondario. È una sorta di muro “plurilocalizzato”, che esprime il senso di attaccamento dei giovani studenti pendolari ai luoghi di cui “portano” il nome come un segno distintivo della propria identità. 

Che fine farà il muro degli studenti?

ll tempo passa, i graffiti stingono, diventano delle ombre. Hanno il sapore magico di un’archeologia, assomigliano alle incisioni rupestri di trentamila anni fa. Parlano ancora, ma a voce bassa, come da lontano. Promanano una strana bellezza,  a volte inteneriscono e spesso fanno sorridere.

Colgo qua e là delle date di iscrizione dei graffiti, la più recente è del 2024, ma è davvero l’unica. Un quindici anni prima era tutt’altra musica, una pioggia quotidiana di parole e segni che sgomitavano per trovare spazio. Sembrerebbe quindi che gli studenti odierni abbiamo smesso di utilizzare il muro – o lo facciano molto meno –  per manifestare le loro passioni. Colpa forse del cellulare a tempo pieno.

Il destino del muro degli studenti pendolari è comunque segnato. La stazione dei pullman di viale Sardegna si trasferirà, prima o poi, al cosiddetto Centro Intermodale della stazione ferroviaria di via Lamarmora. I lavori per la sua costruzione, iniziati nel lontano 2010, sono terminati nel 2023, ma il centro è ancora inagibile. Una lunga storia  di ordinaria amministrazione, qui a Nuoro (e non soltanto).

Il Centro Intermodale di Nuoro che ospiterà la nuova autostazione

Sembra che l’intera area attuale dell’autostazione Arst, già parzialmente dismessa, sia stata comprata da una società di costruzioni cagliaritana, nessuno sa bene per farci cosa. E facile prevedere che  il  “muro dell’amore” verrà sicuramente demolito, spazzato via dalle ruspe, messo a tacere per sempre. Parole e sogni in macerie, memorie infrante. Alla nuova sede del Centro Intermodale si erge però un altro muro, ancora più grande, altissimo. E’ tutto costruito in blocchi di granito, come da moda nuorese, non proprio la superficie ideale per scriverci e disegnarci sopra. Ma lui, il nuovo muro, attende fiducioso l’arrivo degli studenti.