Liliana Monasso (1932)
Monasso Liliana, abitavo in via Ovada uno. Mia mamma faceva la portinaia e ha salvato anche delle vite di antifascisti.
Andavo a scuola e dovevo fare diverse strade perchè c’erano anche morti sui marciapiedi, che non è che si vedano volentieri anche se si sa che stanno da un’altra parte. E poi pian pianino la cosa è ripresa e abbiamo cominciato a vivere una vita normale… Poi mia mamma è andata in piazzale Loreto a vedere chi c’era appeso; io no, io m’impressiono.
Qui mia mamma organizzava le feste con dei signori che suonavano la fisarmonica e ballavamo, abbiamo festeggiato in questo modo, però… la mia mamma non è che… L’unica cosa che aveva detto “Quando finisce la guerra ciapi la ciuca”. E l’ha presa! E mio papà è andato a prenderla in casa del Bornaghi perchè l’era ciuca. Epoi il Gino, il Fernando, festeggiavano anche loro, finalmente l’incubo era finito.
Mia mamma non è che poteva essere felice, ricordare soltanto il momento buono. Si ricordava anche dei precedenti, quando venivano i fascisti a cercare gli antifascisti per farli fuori e mia mamma ha salvato la vita a uno, Mario Mola, che faceva il vigile.
Ho fatto le tre commerciali, poi sono andata a lavorare a 14 anni alla Bisleri, dove facevano il Ferro China, via Savona. E m’aveva promesso “Per adesso vai in reparto, poi quando va in pensione qualcuna ti mettiamo negli uffici”. Ma siccome lavorava lì anche mio fratello, comunista, quel posto non lo avrei mai avuto.
Finalmente poi m’è arrivata la lettera della mia maestra delle elementari e mi ha detto “Se non hai trovato un buon lavoro, il marito della mia collega cerca una brava ragazza, presentati”. Mi sono presentata con mia mamma e mi ha assunto. Era la filiale italiana d’una ditta tedesca, vendevamo macchine per calzaturifici. E ho lavorato lì 32 anni… Sempre tutto perfetto, tenevo la contabilità, non è mai successo niente, perchè i tedeschi, io lo ammetto, sono di una precisione, di un’onestà: ce ne fossero in Italia, lasciamo perdere…