Aiacciu e Bunifaziu, due luoghi della Corsica in cui ho trascorso qualche giorno vacanziero di questa infuocata estate 2024. Ho tenuto una sorta di diario visivo, girando dei video, da buon turista che si guarda intorno con un buono smartphone. Ho visto la Francia battere il Portogallo agli europei di calcio sul megaschermo di una delle tante brasserie del bel centro storico di Aiacciu pieno di bistrot. Ero ancora lì quando la destra francese più o meno fascista ha perso delle elezioni che sembravano vinte. Ho comprato Liberation, con la sua bellissima copertina: “C’est ouf”, “É pazzesco”.  

Ad Ajaccio però di pazzesco ci sono soltanto i parcheggi a pagamento, i prezzi dei ristoranti e un Napoleone ovunque presente. Ma soprattutto i gabbiani, con quel garrito stridulo che sembra un pianto disperato a tutte le ore. Ho visto le isole sanguinarie che sanguinavano, ma non tanto. Ho mangiato quasi sempre, discretamente bene e a prezzi non proprio strozzineschi, a “La Belle Époque”, in rue du Cardinal Fesch, la vena storica e suggestiva della città. Piena di giorno, ma quasi vuota di notte, quando tutti vanno ai locali del porto peschereccio Tino Rossi e delle viuzze intorno. Aperitivi affollatissimi e canterecci che non ho visto fare neanche a Milano.

Aiacciu e Bunifaziu distano 122 km. Avevo paura delle strade corse e delle automobili guidate dai corsi. Temevo un po’ per la mia nuova Panda hibryd appena comprata, che diventa una lumaca in salita. Ma tutto è andato bene, basta andare piano, a ritmo di Panda, e prima o poi arrivi sano e salvo alla meta. 

Il mercato di Ajaccio – Foto di Sandro Lecca

Au parfum du maquis

A Bunifaziu avverto la nostalgia di Aiacciu. E’ una specie di villaggio fortezza che se ne sta in alto su di un fiordo profondo, come in un baratro vertiginoso.  Un posto faticosissimo, bianco, senza alberi, con le sole ombre dei muri. Sotto un sole implacabile, un azzurro abbagliante. Mi manca il respiro, mi pizzicano gli occhi, ma il cimitero è molto bello. Per il resto solo un gran casino, folle di turisti affamati, un centro storico snaturato dalla “gentrificazione alimentare”, come del resto anche ad Ajaccio e in tutte le città del mondo. E sfilate di navi e navette a più non posso, una nautica furiosa di ricchi e meno ricchi, con le scie bianche in mare e i rituali degli approdi in porto.

Il mare blu di Bonifacio solcato dalle imbarcazioni – Foto di Sandro Lecca

Il turismo di massa stravolge i luoghi, le storie, le relazioni, fanno bene gli spagnoli a protestare. Eppure, per la prima volta dopo sei giorni, ormai alla fine del viaggio, sento due anziani parlare in corso. Proprio qui, seduti su una panca di pietra, questi due vecchi amici, in mezzo all’orgia turistica, ai rumori degli altri, alla mangiatoia straripante. Un misto di francese, di ligure, di toscano, di sardo gallurese. Non si capisce quasi niente, ma è bello sentirli parlare. E si sentono anche delle canzoni, sempre in corso, di Alex Lucchini, dinamico e simpatico ristoratore ottuagenario del piccolo paese di Monacia d-Aullène, luogo finalmente immerso nel silenzio.

Aiacciu e Bunifaziu è il titolo del video, che inizia con una citazione di Napoleone Bonaparte. “Au parfum de son maquis, de loin, les yeux fermés je  reconnaitrais la Corse”. “Maquis” è la macchia, il profumo della macchia mediterranea. In francese la parola “maquis”, originaria della Corsica, indica anche i partigiani armati che si rifugiavano in montagna. Una bella parola.