Piazza Duca d’Aosta è la piazza della Stazione Centrale di Milano. La facciata “fascistoide” in marmo botticino bianco della monumentale porta ferroviaria occupa un’intero lato della piazza, quello più lungo, è il suo fondale spettacolare. La piazza è una gigantesca spianata di pietra, che apre la larga “prospettiva” modernista Pisani-Repubblica direzionata verso il centro della città. A destra, sempre per chi arriva, il Pirellone, il grattacielo più alto d’Italia, uno degli edifici in calcestruzzo armato più imponenti del mondo. Ha un po’ il colore del cielo di certe giornate milanesi, tra l’azzurrino verdastro e il grigio perla.
La parte centrale di piazza Duca d’Aosta, con la sua bianca Mela lucida come una ceramica, è quasi deserta, assolata e torrida. Le 400 mila persone che ogni giorno transitano da queste parti si muovono in gran parte sotto terra, dove si annodano le principali linee della Metro milanese, la Rossa, la Verde, la Gialla. La vita sociale si svolge ai bordi della piazza, tra muretti, aiuole, alberelli, chiacchiere, birre, giochi e traffici. Da un lato i ragazzi, che corrono e volteggiano con gli skateboards rumorosi, dall’altro la variopinta popolazione multietnica adulta. In mezzo, la bianca Mela, o poco più.
Piazza Duca d’Aosta è il più grande luogo d’incontro degli immigrati stranieri di Milano, che un tempo erano gli italiani in cerca di lavoro provenienti soprattutto dal Sud Italia. Scendevano dai treni con le valigie portate a spalla, s’incamminavano speranzosi. Ma diversi di loro dalla stazione e dai suoi dintorni non si sarebbero più spostati. Una stazione, all’occorrenza, diventa una casa, un luogo dell’abitare.