Ci sono queste persone, soprattutto bambini, che si fanno fotografare con il viso incorniciato in un apposito buco ritagliato in tavole di compensato dipinte con varie scene. In inglese questi dispositivi si chiamano Face Hole Boards, mentre per l’italiano sembra mancare un termine preciso. Vengono installati soprattutto nei luoghi di svago e villeggiatura.
Pare che queste “facce nel buco” si siano inizialmente diffuse soprattutto nei luoghi di vacanza balneari dell’Inghilterra vittoriana, corrispondendo al desiderio di gioco già insito nella spensierata vita di spiaggia. Siamo all’inizio dello sviluppo della società della comunicazione, quando si afferma tutto un filone satirico e caricaturale volto a creare, attraverso montaggi spericolati e spesso irriverenti, degli alter ego in formato cartolina dagli effetti comici e sorprendenti.
L’inventore moderno di questa realtà virtuale ante litteram è considerato Cassius Marcellus Coolidge, un artista e vignettista americano vissuto tra il 1844 e il 1934 e noto soprattutto per la serie di dipinti antropomorfici Dogs Playing Poker, che nel 1874 brevettò il sistema per scattare fotografie face in hole. Coolidge spiegava così la sua invenzione: “The nature of my invention consists in a process for taking a photograph or other picture of a persons’s head large on a miniature body”. Un po’ come se una persona venisse decapitata per attaccarne poi la testa sul corpo di un’altra persona. Anche se per fortuna scorrono solo immagini e non fiotti di sangue, si avverte egualmente un che di ghigliottinesco in questo procedimento di trasformazione fisica, chirurgica, e insieme identitaria. Lo stesso Coolidge diede la sua faccia a un ometto che vola a cavalcioni di un’oca.
Giochi identitari
Con la faccia incorniciata nel buco possiamo di volta in volta assumere le sembianze di quello che non siamo: un re, una scimmia, un lumacone, un’eroe di guerra, dello sport, del cinema. Possiamo volare in cima a un grattacielo come Batman o vivere in un bosco incantato come Biancaneve. Diventare femmina essendo maschio e viceversa. E’ il mondo rovesciato del Carnevale, ma a viso scoperto, anche se non è chiaro dove sta la maschera, se nel viso senza corpo o nel corpo senza viso.
Dietro questi buchi celibi si agitano momentanee tensioni visionarie, si libera la propria carta d’identità dalle strettoie della vita quotidiana. Poi tutto torna subito come prima, in ordine, come sempre, come il nostro corpo vuole e comanda. Rimarrà solo un immagine ricordo da mostrare agli amici e da conservare nell’archivio digitale personale, dove ogni giorno costruiamo il nostro io mutante, un io sempre più fotografico, à la carte.
How do you want to look today?, chiedono enfaticamente diversi siti web che offrono applicazioni gratuite per “montare” il proprio volto su una serie di immagini di corpi senza testa definiti divertenti. L’appropriazione simbolica di identità aliene diventa così un giochino virtuale istantaneo, nei cui confronti i vecchi e materiali face hole boards di strada appaiono dei capolavori di artigianato artistico a elevato contenuto di interattività rituale. Alla domanda bisognerebbe rispondere: “Oggi non voglio essere nessuno, voglio essere solo me stesso”. Almeno per un giorno.
Sembra che in Giappone i face-hole boards siano piuttosto diffusi, forse per via della tradizione manga di quel paese. Tomoyuki Shioya ha accumulato oltre 2000 fotografie cut-out con il proprio volto, diventando un caso mediatico.
Links: Photocutouts – Cabinet – The Japan Times